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Home›Arte›Azuma, lo scultore kamikaze

Azuma, lo scultore kamikaze

By redazione
28 Ottobre 2016
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Pasqualino Colacitti della «Famiglia Artistica Seregnese» e l'assessore alla Cultura e grandi eventi Giacinto Mariani con l'opera di Kengiro Azuma «MU 116»

Premiato nel 1968 a Seregno. Nato a Yamagata, nel 1956 arrivò a Milano per studiare all’Accademia di Brera e divenne assistente di Marino Marini. È scomparso lo scorso 15 ottobre all’età di novant’anni

(WT – Seregno, 28 ott.) Avrebbe dovuto sacrificarsi per il Giappone e per l’Imperatore. Ma due giorni prima della sua missione suicida la guerra finì con i funghi atomici su Hiroshima e Nagasaki.

Kengiro Azuma, nato a Yamagata il 12 marzo 1926, a diciannove anni, entra in Marina: corsi per piloti «kamikaze». La morte suicidio sui cieli del Pacifico non era nel suo destino. Azuma è morto a Milano, nella notte tra il 14 e il 15 ottobre, a novant’anni. Nel sonno. Nel frattempo era diventato uno dei più grandi scultori del Novecento.

E Seregno ha perso uno dei suoi più grandi artisti. «Suo» perché, pur essendo nato a Yamagata, in Giappone, il 12 marzo 1926, nel 1968 vinse il secondo premio nella terza edizione del «Premio nazionale di scultura» della «Famiglia Artistica Seregnese». «MU 116» è l’opera in bronzo premiata e donata dalla «Famiglia Artistica Seregnese» al Comune di Seregno. Scultura, oggi, esposta nell’ufficio cultura di Palazzo Landriani – Caponaghi.

Quando arrivò a Seregno, Kengiro Azuma era uno scultore in rampa di lancio: cinque anni prima, infatti, aveva già vinto due importanti premi, l’«Emile Godard» di Losanna e la VII Biennale Internazionale di Tokyo.

Laureato in scultura all’«Università d’Arte» di Tokyo, Azuma sognava Parigi, affascinato dalle sculture di Rodin, ma, dopo aver scoperto casualmente i cavalli di Marino Marini, nel 1956 decise di trasferirsi a Milano. Arriva nel capoluogo lombardo con una borsa di studio da spendere nello studio di Marino Marini. Dopo il diploma all’Accademia di Brera diventa l’assistente di Marini dal 1960 al 1979.

«Artista dallo stile inconfondibile – commenta Pasqualino Colacitti della “Famiglia Artistica Seregnese” – che ha saputo fondere la cultura giapponese per la natura con il vuoto dello spazialismo di Fontana, facendo del vuoto e del pieno il filo conduttore della sua scultura».

Dal 1962, tutte le sue sculture prendono il nome di «mu», seguito da un numero. «Mu» e «Yu» nella cultura zen simboleggiano il vuoto e il pieno, l’infinito e il finito, gli opposti cui si ispira tutta la produzione artistica di Azuma.

Per sessant’anni ha vissuto alla Bovisa con la moglie Shizuyo, poi, i figli Mami, che riunisce nel nome il suo amore per Marini e per Milano, e Ambrogio. Dal 1980 al 1990 ha insegnato alla «Naba – Nuova Accademia di Belle Arti» di Milano e nel 1996 ha ricevuto dal Comune di Milano l’Ambrogino d’argento per meriti civili.

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