MONS. SILVANO MOTTA CITTADINO ONORARIO

Il prevosto emerito monsignor Silvano Motta è stato nominato cittadino onorario di Seregno. Lo ha deciso il Consiglio Comunale riunitosi martedì 21 maggio eccezionalmente ne L’Auditorium di piazza Risorgimento.
Chi è monsignor Silvano Motta.
Quando don Silvano Motta viene nominato prevosto della parrocchia di San Giuseppe in Seregno, trova una comunità che vive ancora una situazione di disorientamento. E’ il mese di ottobre del 1995 e da meno di tre mesi è morto, improvvisamente, monsignor Luigi Gandini, che della città è stato prevosto per oltre un trentennio.
Al momento della nomina, don Silvano Motta, originario di Brivio, ha sessant’anni ed ha alle proprie spalle un percorso umano e sacerdotale molto ricco ed articolato. E’ entrato in Seminario a diciannove anni, che per la sua generazione è una vocazione adulta. Prima ha lavorato come contabile in un negozio. Da sacerdote, è stato economo e poi rettore del Seminario di San Pietro Martire in Seveso, quindi segretario dell’arcivescovo di Milano cardinal Giovanni Colombo, quindi per quindici anni parroco a Valmadrera.
Don Silvano Motta è un sacerdote ambrosiano. Lo è per formazione, lo è per vocazione. Di questa identità culturale manifesta in maniera inequivocabile due caratteri: la consapevolezza che la comunità locale è parte di una comunità più ampia (la Chiesa diocesana, a sua volta parte della Chiesa universale) e la volontà di valorizzare le radici della comunità locale, la storia e le tradizioni che rappresentano un punto di riferimento a cui richiamarsi per prendere slancio nei momenti di vigore e per trarre conforto nei momenti più faticosi. A queste due caratteristiche, don Silvano associa l’indole del curato d’anime: prega in Chiesa, dedica molto tempo al confessionale. Ha un’attenzione particolare verso gli ammalati. “Passando per le famiglie e trovando molte persone anziane, sole, bisognose di assistenza spirituale, la prima idea pastorale: far collaborare le suore per la visita degli ammalati dando loro il ministero straordinario dell’Eucaristia”: così spiega, nel 1995, la prima innovazione introdotta nella parrocchia, poche settimane dopo il suo ingresso ufficiale. Parimenti, è attento a cogliere le istanze di chi versa nel bisogno materiale. “Sarebbe bello se a Seregno fossimo capaci di lasciare un’opera a memoria del Giubileo come segno che dica la carità dei seregnesi”: è il grande sogno lanciato in occasione dell’Anno Santo del 2000, segno che si rivelerà troppo grande, ma che forse può considerarsi in qualche misura realizzato con la Mensa del Povero, promossa in collaborazione con la Conferenza di San Vincenzo e inizialmente collocata all’interno della casa prepositurale (successivamente trasferita nell’ex oratorio femminile di via La Marmora).
Monsignor Silvano Motta è persona di indole decisa, diretta. Nel discorso del suo insediamento ufficiale, dice “mia premura sarà di conoscere. Senza fretta, con la pazienza necessaria per potermi adattare ed inserire in un cammino già bene avviato, in una comunità”. Già in poche settimane, però, si coglie la volontà di imprimere alla vita della comunità parrocchiale un rinnovato impulso. Sempre seguendo i due caratteri fondanti dello spirito del sacerdote ambrosiano: appartenenza alla Chiesa diocesana e valorizzazione delle tradizioni locali.
Dopo poche settimane di presenza in città, monsignor Silvano Motta avvia il percorso volto a realizzare un nuovo altare all’interno della Basilica San Giuseppe. L’altare del 1995 non è più conforme alle disposizioni del Concilio Vaticano II, recepite dai sinodi diocesani: occorre una mensa solida e stabile (si celebra ancora su un tavolo di legno), collocata in una posizione meno defilata rispetto all’assemblea e con uno spazio che consenta solenni concelebrazioni, come si addice ad una chiesa che si fregia del titolo di Basilica. Adeguare la Basilica significa sottolineare la volontà di appartenenza della Chiesa locale alla Chiesa universale. E’ un passaggio, rivelerà più tardi monsignor Bernardo Citterio (già prevosto di Seregno, poi vescovo ausiliare di Milano), che era già stato pensato oltre dieci anni prima, ma mai attuato. L’intervento raccoglie anche critiche e incomprensioni, ma monsignor Motta lo persegue con determinazione. E con coraggio sceglie di affidare la realizzazione del nuovo altare a Floriano Bodini, uno dei massimi scultori di arte sacra del Novecento: “Rimarrà nella storia della nostra Basilica e nella storia dell’arte del nostro secolo. Seregno merita tale scelta e sono certo che i semplici e i colti potranno apprezzare questo passo che si è compiuto”, dirà ad opera ormai conclusa.
Parallelamente all’altare, monsignor Motta si cura della traslazione delle spoglie mortali del suo predecessore dal cimitero, dove erano state provvisoriamente tumulate, alla Basilica, sotto il cui pavimento oggi riposa monsignor Luigi Gandini. Costante è stato il riferimento deferente verso i precedenti prevosti: a monsignor Enrico Ratti intitolerà il Centro Pastorale di via Cavour, mentre ringrazierà pubblicamente il suo successore monsignor Bruno Molinari per la dedica di un’aula interna alla Basilica a monsignor Bernardo Citterio.
Soprattutto nei primi anni del suo apostolato, monsignor Motta apre diversi cantieri: la ristrutturazione della casa prepositurale, dell’oratorio dei Santi Rocco e Sebastiano, della chiesa di San Salvatore, la realizzazione della quadreria della Basilica San Giuseppe, della tomba per i sacerdoti seregnesi al cimitero e la messa a norma dell’impiantistica dell’Oratorio San Rocco sono gli interventi più importanti e onerosi. Tenta anche di rilanciare attività che presentano evidenti segni di affaticamento, su tutti la casa per vacanze a San Fedele d’Intelvi. Fino a quando è possibile, monsignor Motta conserva gli oratori maschile e femminile “distinti e collaboranti”. Quando la congregazione delle Suore Missionarie di Gesù Sacerdote (le “suore messicane”) chiude la comunità di via La Marmora, prova ad affidare gli ambienti alle Figlie di Nostra Signora della Misericordia. L’esperimento dura un solo anno. Poi, dopo il congedo di don Norberto Gamba, che non viene sostituito, la decisione di accorpare gli oratori.
Forse per la parrocchia San Giuseppe l’accorpamento dei due oratori è il primo segnale forte di una più grave problematica che coinvolge tutta la Chiesa diocesana. La drastica riduzione delle vocazioni sacerdotali del precedente ventennio induce una complessiva rivisitazione dei modelli organizzativi. Occorre, per ricondurre alla massima dell’arcivescovo di Milano card. Dionigi Tettamanzi, imparare a “fare meno, fare meglio, fare insieme”. Che, nella pratica, significa riunire più comunità parrocchiali sotto un unico parroco. Corre l’anno 2006. Monsignor Silvano Motta ha già varcato la soglia dei settant’anni. La sua formazione ed il suo ministero sacerdotali sono incentrati sul ruolo del parroco e della parrocchia. Sente che il cambiamento avanza, lo accetta con la consueta determinazione: “Nella vita si deve ricominciare sempre! Pretendere di cambiare le persone e le cose con un colpo di bacchetta magica è infantile. La realtà è complessa. Non si può semplificare. Lo dico per me che vorrei mantenermi giovane nello spirito, accettando con fede i cambiamenti!”
Il cambiamento richiestogli è “realizzare una unità pastorale con la parrocchia del Lazzaretto. Ci è richiesto di mettere in atto una pastorale di insieme che sappia valorizzare anche l’identità e la storia con le sue caratteristiche e con le feste come si sono sviluppate in quarant’anni nel rione del Lazzaretto. Lo scopo è quello di sviluppare insieme una modalità più missionaria di presenza oggi nella realtà della città di Seregno”.
Non è un obiettivo semplice, perché comporta un complessivo cambiamento culturale in tutti i parrocchiani. Le prevosture di monsignor Citterio e di monsignor Gandini avevano visto, una dopo l’altra, la nascita delle parrocchie della periferia della città. Dal distacco giuridico si era progressivamente sviluppata in tutte le comunità una autonoma identità. La “pastorale d’insieme” determina, di fatto, la necessità di innescare un meccanismo inverso. Sin dal Giubileo del 2000, monsignor Motta aveva provato ad introdurre proposte pastorali di rilievo cittadino, proposte che erano poi passate attraverso le Missioni del 2001. L’Unità Pastorale tra Basilica e Lazzaretto era un passaggio ulteriore, decisamente più complesso. Passaggio che poi viene rivisitato in almeno due occasioni, prima con le Comunità Pastorali di San Luca e Maria Madre della Chiesa, poi (ma il compito passa all’attuale prevosto, monsignor Bruno Molinari) alla Comunità Pastorale Giovanni Paolo II.
Sono anni densi, quelli della organizzazione delle Comunità Pastorali. Monsignor Motta si dedica al progetto con encomiabile dedizione. Il contesto entro cui operare non è semplice: la crisi economica si fa sentire, aumentano le famiglie in difficoltà. In questo senso, molte delle attenzioni pastorali sono dedicate al Fondo Famiglia – Lavoro promosso dalla Diocesi di Milano.
Pur in questo contesto di cambiamento, monsignor Silvano Motta non rinuncia a “sognare”, come dice lui stesso. E’ la fine del 2007, avvicinandosi all’età canonica per il congedo (settantacinque anni) confessa: “In questi dodici anni ho avuto la possibilità di realizzare con la collaborazione di tutti tante opere, strutture necessarie alla vita pastorale. Ho un sogno, un desiderio! Riuscirò a realizzarlo prima di andare in pensione? Si tratta dell’immobile di via Cavour, il palazzo del Circolo San Giuseppe, per intendersi”.
E’ un sogno molto ambizioso. L’immobile ha un cospicuo valore storico e simbolico, e poi è posizionato esattamente nel cuore della città. E’ un edificio carico d’anni, un intervento di ammodernamento richiede investimenti ingenti. Ma è un progetto strategico: avere uno spazio per la pastorale cittadina in una posizione importante. Il progetto è ambizioso e, per realizzarlo, monsignor Motta decide di sacrificare anche la casa di San Fedele d’Intelvi, non più in uso. L’intervento richiede oltre sei anni. Monsignor Silvano Motta lascerà al successore il compito di chiudere il cantiere, ma il 17 marzo 2013 sarà presente, visibilmente compiaciuto, alla solenne inaugurazione dei locali del Circolo San Giuseppe e del Consultorio La Famiglia elementi centrali del Centro pastorale mons. Enrico Ratti.
La sua missione sacerdotale a Seregno si era conclusa meno di un anno prima, il 30 giugno. All’età di 77 anni, monsignor Silvano Motta lasciava la città: “il distacco, dopo quasi 17 anni, è sostenuto dall’obbedienza a quanto mi ha chiesto il Vescovo, che è sempre espressione della volontà di Dio io cui solo si trova serenità e pace. Mi sono trovato bene a Seregno e vivo come normale e utile l’avvicendamento dei parroci. Guardo al mio futuro con serenità e pace”.
Riconoscente per l’infaticabile dedizione che le ha riservato durante il ministero di parroco, riconoscente in particolare per l’attenzione che ha saputo riservare a tutti e a ciascuno, la Città di Seregno, con la voce del Consiglio Comunale, esprime la volontà che oggi e per sempre monsignor Silvano Motta sia considerato Cittadino Onorario di Seregno.